Nel 2015, all’Onu, 193 paesi sottoscrissero l’Agenda 2030, un patto per individuare e applicare le misure necessarie, tra l’altro, a contrastare il cambiamento climatico. Si tratta di un patto ambizioso ma realistico, composto da 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030 per promuovere uno sviluppo sostenibile ed evitare una catastrofe ambientale irreversibile.
Da tempo ogni anno in Italia si monitora il raggiungimento dei singoli obiettivi raccogliendo i dati forniti dai 105 Comuni capoluogo, elaborati secondo calcoli statistici definiti. Gli aspetti presi in esame sono: aria, acqua, rifiuti, mobilità, energia ed ambiente urbano, evidenziati da 18 indicatori che prevedono l’assegnazione di un punteggio massimo teorico di 100 punti, costruito caso per caso sulla base di obiettivi di sostenibilità. I punteggi assegnati per ciascun indicatore identificano il tasso di sostenibilità della città reale rispetto a una città ideale non troppo utopica per cui il valore massimo di 100 sia stato raggiunto. Nel 2022 le città più virtuose sono state perlopiù al Nord: 1ª Bolzano, regina dell’ambiente, poi Trento, Belluno, Reggio Emilia e Cosenza, mentre ben 10 città hanno un punteggio totale al di sotto di 40. Le città più carenti dal punto di vista ambientale si trovano quasi tutte al Sud: alcune non hanno nemmeno comunicato tutti i dati richiesti. Al Nord solo Alessandria, maglia nera del Piemonte, si trova in fondo con Palermo e Catania nel conteggio totale degli obiettivi raggiunti al di sotto di 30.
Le emergenze ambientali sono all’ordine del giorno ed è sempre più evidente che l’economia mondiale deve abbandonare l’atteggiamento predatorio verso i beni che la Terra offre da tempo immemorabile. I fenomeni climatici estremi, con alternanza di tornadi, piogge torrenziali e lunghi periodi di siccità, oltre allo scioglimento di tutti i ghiacciai, sono all’ordine del giorno in tutto il mondo. In Italia, il Piemonte è stato dichiarato regione in cui la siccità è più drammatica di tutta l’Europa; la nostra agricoltura è in affanno e una parte del Paese è a rischio di desertificazione. Solo un atteggiamento responsabile e un cambio degli stili di vita può avviarci verso uno sviluppo sostenibile così da invertire la tendenza al surriscaldamento globale nei tempi brevi necessari per la sopravvivenza della specie umana.
In tutto il mondo, Italia compresa, gli abitanti si concentrano soprattutto nelle città. Quindi possiamo considerare adeguati per una transizione ecologica efficace solo i valori degli indicatori che arrivino almeno a 60-70. Purtroppo nel nostro Paese la media è ferma a 53, un punteggio molto basso. Le criticità riguardano lo smog, la scarsa diffusione del solare termico/fotovoltaico sugli edifici pubblici, un parco auto tra i più alti d’Europa, la dispersione nelle reti idriche, il consumo troppo elevato di acqua per cittadino/a, l’elevata produzione di rifiuti, l’alto numero di morti e feriti sulle strade, l’esagerato consumo di suolo. Per contro le aziende italiane registrano performance positive nella capacità di riciclaggio (favorendo l’avvio verso un’economia circolare), la raccolta differenziata è arrivata al 60%, il solare pubblico, ancora molto basso, è in espansione (5,4 kW su 1000 abitanti), si diffondono le piste ciclabili (quasi 10 metri equivalenti) favorite dai finanziamenti dell’Europa.
Pur essendo ancora molti gli àmbiti di miglioramento, fa ben sperare l’affermarsi in molte città di progetti virtuosi che, oltre a migliorare la qualità della vita dei cittadini, possono essere applicati con facilità anche in altri contesti. Ciò permetterebbe all’Italia, con l’impegno degli amministratori e della società civile, di avanzare sulla difficile strada della decarbonizzazione e di raggiungere con più celerità e in tempo gli obiettivi dell’agenda 2030.