«Il Vallone delle Cime Bianche, di Cortot o Cortaud si trova in Val d’Ayas (Valle d’Aosta). Si tratta dell’ultima vasta area dell’intera Val d’Ayas priva di piste da sci o impianti di risalita, di strade, centraline idroelettriche private e strutture invasive per l’ecosistema. Il Vallone è un luogo di grande valore per via del suo raro, fragile ecosistema, caratterizzato da peculiarità geologiche: tra tutte campeggiano le tre Cime Bianche (Gran Sometta, Bec Carré e Pointe Sud), la cui fascia chiara è quanto rimane delle isole coralline di un mare tropicale sconvolto dallo scontro della zolla europea con quella africana…Il Vallone delle Cime Bianche è simbolo dell’integrità superstite dell’ambiente alpino, sempre più minacciata da politiche predatorie. Vi chiediamo di aiutarci a salvare uno degli ultimi baluardi di vera wilderness ai piedi del Monte Rosa. Aiutateci a salvare l’Ultimo Vallone Selvaggio!» (https://fondoambiente.it/luoghi/vallone-di-cime-bianche).
Ad esprimersi così non è un gruppo di fanatici ambientalisti, bensì il Fondo Ambiente Italiano, tutt’altro che un’associazione estremista. E sulla stessa posizione si sono schierate tutte le associazioni ambientaliste e personaggi più o meno famosi (fra gli altri anche lo scrittore Paolo Cognetti, che vive proprio in Val d’Ayas). Perché questa difesa strenua del Vallone? Semplicemente perché anch’esso – ultimo baluardo di biodiversità integro di una regione già pesantemente infrastrutturata – è minacciato da un progetto di funivia, che collegherebbe Alagna Valsesia con Zermatt. Eh sì, perché se guardate una cartina geografica comprensiva di infrastrutture vi renderete conto che tutto, dicesi tutto, il versante nord della Valle è coperto da impianti di risalita, fatta eccezione per un breve tratto, il Vallone di Cime Bianche appunto. Realizzato quello, si potrebbe andare da Alagna a Zermatt in infradito, come disse Giorgio Munari, allora presidente della Monterosa Ski, proponente il progetto, sostenuta da Regione e Comune di Ayas. Quasi che andare in infradito a duemila metri di quota sia sensato. Al di là delle pur doverose considerazioni di carattere etico, il progetto contrasta con i vincoli di carattere ambientale del Vallone, con il piano regolatore del Comune di Ayas e persino con il Piano Territoriale Paesistico della Regione.
Ma, oltre all’etica e alla potenziale illegittimità del progetto, quello che i politici valdostani non capiscono, non vedono o si ostinano a non vedere, è che lo sci di pista è in costante declino da diversi anni mentre è in forte aumento la quota di coloro che frequentano la montagna d’inverno con le ciaspole e gli sci da scialpinismo e d’estate praticano l’escursionismo (https://www.trekking.it/reportage/dossier-quanto-vale-un-inverno-senza-neve/). Si rischia quindi di investire risorse in un settore che è già in crisi oggi e lo sarà sicuramente vieppiù in futuro a causa dei cambiamenti climatici, che peraltro sono già sotto i nostri occhi. Come ci dicevamo qualche giorno fa con un caro amico che conosce bene il mondo politico, i politici è vero che sono legati alle lobbies, è vero che non gliene frega niente della natura e dei beni comuni, è vero che non hanno prospettive future, è vero che ci tengono solo a mantenere il potere, tutto vero, ma è altresì indubitabile che spesso sono semplicemente stupidi.
Contro il progetto si è costituito il Comitato Ripartire dalle Cime Bianche (https://www.lovecimebianche.it/) che giusto in questi giorni ha preparato il testo di una mail da inviare ai politici interessati, denunciando per l’ennesima volta l’assurdità del progetto.