È davvero diabolico perseverare nel peccato originale della società moderna di rincorrere il falso mito della crescita e dello sviluppo, che si arriva addirittura a definire falsamente “sostenibile”, senza ammettere che l’inganno dello sviluppo sostenibile non porta né sviluppo, né sostenibilità. Questa conclusione è sotto gli occhi di tutti e per chi non ci crede, basta osservare l’andamento dell’economia mondiale, le sue prospettive di stagflazione alle porte e la crisi ambientale e climatica che ci ha travolto, come ormai certificato dal mondo scientifico. Ma crisi ambientale, climatica, geopolitica, bellica, sociale, economica, sanitaria, mortalmente aggrovigliate in una sindemia che potrebbe non darci scampo, come in un’equazione irrisolvibile con troppe incognite, non sono arrivate a caso, e rischiano ora di scoppiarci in mano come una bomba, tutte insieme: hanno tutte una origine comune e ben precisa, che si chiama avidità e competizione-scarsità di risorse, causata dall’aver finalizzato l’economia alla crescita e all’accumulo di merci e ricchezza, sia che queste siano concentrate nelle mani di pochi o distribuite tra tutti gli individui.
Lascia attoniti sentire il nostro Governo, guidato dal banchiere Mario Draghi, con alle spalle uno tsunami che quasi ci ha travolto, inclusa l’ondata di stagflazione alle porte dell’Europa (e non solo), parlare macchinalmente ancora di crescita economica, di PIL, di crescita della produzione di acciaio all’ILVA di Taranto: siamo spettatori di un eterno avvitarsi in una spirale senza fine che ci porta sempre più giù nel vortice, verso l’abisso. Produrre (e inquinare) di più all’ILVA? Per fare che cosa? Armi? Avere più acciaio per alimentare altri inutili cantieri edili, grandi opere inutili finanziate con il ricco PNRR, farci altri transatlantici da crociera per rilanciare il PIL mentre l’ambiente per contro collassa? Qua siamo ancora a rispolverare il primitivo compromesso novecentesco, mai accantonato, tra lavoro/produzione e salute. Produrre di più con i costi dell’energia alle stelle? Dove sta il senso? Io temo non lo sappiano nemmeno al Governo, ma devono dire qualcosa, anche se il senso delle cose lo hanno svanito fin dal principio del Governo stesso, il cui unico cruccio è la ripresa della crescita.
In un mondo dove tutti questi nodi sono venuti al pettine e i limiti della crescita (quelli di cui profeticamente ci avvertiva già il Club di Roma negli anni ’70) sono ormai evidenti, addirittura accelerati dall’affacciarsi di una guerra potenzialmente mondiale all’orizzonte, i governi delle Nazioni, se fossero sani di mente o comunque avulsi da conflitti di interesse economici, perseguirebbero negoziati di pace, non di guerra, e non invocherebbero crescita economica, sviluppo, aumento delle produzioni e dei PIL, bensì sfrutterebbero questa drammatica congiuntura globale per rimettere in discussione e ridefinire i modelli di sviluppo, di società e di economia, la collaborazione (e non gli affronti) tra le nazioni, gli stili di vita, rifinalizzando questi ultimi alla parsimonia di risorse, di energia, di consumi e al riequilibrio della nostra ingombrante specie con la Natura che ci ospita e con le risorse della Terra. Invece fanno l’esatto opposto: fanno negoziati di guerra, offrono armi alla causa persa (militarmente) dell’Ucraina, non ammettono la prepotenza e la tattica di accerchiamento (dagli anni ’90) della NATO e invocano la crescita economica, al più il mantenimento degli attuali standard di vita e di consumi. Coloro che ci hanno portato in questa situazione di baratro ormai da anni non potranno mai essere quelli che ce ne tireranno fuori. Parlo di M. Draghi e di chi lo appoggia, ma anche di molti leaders europei e dei presidenti americani (tutti i recenti).
Manca il gas russo? Per mantenere gli stessi livelli di consumi, si attingerà dall’Africa, dai paesi Arabi, fin dalle mostruose e pericolose metaniere statunitensi, a costi, rischi e impatti proibitivi, e chissà quando, e si riaprono le deleterie centrali a carbone. Per spingere i consumi, anzi, si prospetta soltanto il ritocco dei prezzi energetici aggiustando per un po’ le accise su gas e benzina. Non si arriva neanche a pensare che il gas mancante potrebbe essere compensato essenzialmente dall’eliminazione degli enormi sprechi, da efficientamenti energetici di tutti gli edifici, dalla riduzione di molte produzioni impattanti, e che così il resto della domanda di energia potrebbe essere servito essenzialmente dalle fonti rinnovabili, magari quelle già esistenti, o comunque qualcuna in più, ma non certo tappezzando l’intero paese di pannelli solari su campi agricoli e naturali, e le montagne e le coste di pale eoliche altre 300 metri, magari togliendo i vincoli paesaggisti e ambientali. Energia rinnovabile infatti non significa pulita.
Mancano il grano e i mangimi per animali da Ucraina, Russia, Canada (da qui per via del clima)? Si estenderanno coltivazioni intensive un po’ ovunque in Italia, invocando una velleitaria autosufficienza alimentare e di risorse, pur di mantenere i consumi e modelli di vita attuali intonsi. Addirittura si sdoganano gli OGM e i semi brevettati delle multinazionali americane, le importazioni dai paesi che ne fanno uso, dietro la menzogna che alzino la produttività, e l’abbassamento delle soglie tollerate di pesticidi e fitofarmaci dei prodotti importati. Non si propone piuttosto, per l’agricoltura, di liberarci finalmente dei modelli intensivi e della chimica e, come chiede lo stesso Parlamento Europeo, di reinterpretare in chiave moderna il modello dell’azienda agricola familiare europea, non si propone di allontanarsi dall’agricoltura legata al settore fossile, di porre freno all’odioso quanto opportunistico fenomeno del land grabbing, alla speculazione finanziaria e dei fondi pensione sui terreni agricoli, di accelerare le strategie farm to fork, di rinunciare a dedicare ben il 75% dell’attuale produzione agricola (importata) alla sola alimentazione degli animali da allevamento zootecnico: si potrebbe benissimo ridurre drasticamente il consumo di carne, non morirebbe nessuno, anzi, e l’ambiente e gli animali ne gioverebbero infinitamente. Ma non se ne parla nemmeno, di queste cose, della parsimonia, del cambio di rotta nei modelli economici.
Le classi sociali meno agiate, le meno colpevoli per tutti i guai attuali ma le più esposte alle loro conseguenze, sono sotto pressione? Gli si raccontava che non c’erano risorse per aiutarle, per creare nuovi posti di lavoro, poi nottetempo il Parlamento approva l’allocazione del 2% del bilancio statale per le spese militari per accontentare le richieste della NATO (cioè degli americani). Chissà da dove si prendono le risorse, se prima non ce n’erano molte meno per aiutare i bisognosi, e sono spariti anche molti redditi di cittadinanza a molti cittadini ora più che mai sotto pressione!
Ecco, siamo davvero arrivati al tempo della decrescita, della riduzione imposta, della scarsità e della competizione feroce per le risorse. Una società che si mangia oltre due pianeti all’anno non ce la possiamo più permettere. Se c’è poca acqua per tutti, tutti devono bere meno e resistere. Devono decrescere nei consumi. È matematica, addizione e sottrazione. Fanno paura i termini decrescita, riduzione? Bene, usiamo allora “parsimonia” e “risparmio”, cosi sono tutti contenti, tanto sempre di quello si tratta. Basta che li attuiamo, anche perché mentre prima avevamo l’opzione di pianificarli in modo selettivo e coordinato, a partire da chi impattava di più, da ora ci saranno imposti in modo caotico e violento dallo stato delle cose, e faranno piuttosto male soprattutto ai più vulnerabili, se non ci riconvertiamo molto in fretta e profondamente, attuando al più presto una conversione economica dell’ecologia.