L’ultimo grido in fatto di riverniciatura verde per le grosse imprese multinazionali è, ovunque nel mondo, il darsi una immagine di grandi protettrici dell’ambiente. La pubblicità costituisce una voce importante nel loro business. Cosa succede quando qualcosa o qualcuno scoperchia il quadro sovente idilliaco, più spesso iperrealista, di questa immagine? Si viene denunciati.
Accade a Vittel, antico centro di tradizione termale nel cuore dei Vosgi. Nestlè ha rilevato le attività dell’azienda familiare di acqua in bottiglia che prende il nome dalla cittadina e ne ha ereditato i marchi. Una insegnante di liceo in pensione, Christiane Vuattoux, passeggiando, scopre a They sous Monfort, su terreni che appartengono a Nestlè, montagne di rifiuti. Si tratta di bottiglie di plastica, residui di imballaggi, resti di contenitori di soda caustica. Un contadino, Didier Thouvenin, fa altrettanto, a Saint Ouen Lès Parey. La notizia alla fine del maggio scorso, è ghiotta e la stampa nazionale ci si butta. Nestlè, tramite i suoi avvocati e portavoce, nega, fa la voce grossa. Certo, i terreni sui quali sono state seppellite diverse migliaia di metri cubi di rifiuti sono suoi ma essa ha solo ereditato il problema… In Francia esiste, ed è disciplinata dalla legge, la figura del lanceur d’alerte: chi segnala un’emergenza sia di tipo criminale, sia, come nel caso in questione, ambientale, viene tutelato e protetto. Ma Nestlè ha querelato i due e minaccia per il futuro chiunque altro si permetta di fare altrettanto.
Da questi fatti prendiamo le mosse per una lunga intervista a Bernard Schmitt, ecologista di lunga data, portavoce del CollectifEau88. Il collettivo è sorto nel 2015 per far fronte alla questione dello sfruttamento intensivo delle acque a Vittel e comuni limitrofi. Ne fanno parte Vosges Nature Ecologie, associazione che vanta ottant’anni di vita, Oiseaux et Nature, UFC Que choisir, associazione di consumatori tra le più autorevoli, e ASVPP, che si occupa della salvaguardia delle valli dall’inquinamento. Intanto ‒ ci racconta ‒ online si trova l’ultima petizione a favore degli scopritori di queste discariche e contro la loro criminalizzazione e, soprattutto, il fatto che queste montagne di spazzatura abbiano smosso l’interesse dei media serve per raccontare e spiegare l’operato di una multinazionale del calibro di Nestlè nel cuore dell’Europa occidentale.
Le questioni che il CollectifEau88 si trova ad affrontare sono molte.
La prima, naturalmente, è quella dell’acqua e della sua gestione. Pochi sanno che è stata Vittel a produrre nel 1970 la prima bottiglia d’acqua minerale in PVC. L’esigenza nacque per il fatto che Air France, rifornita da Vittel, lamentava che le bottiglie di vetro si rompessero durante i voli. Allora in Francia solamente la ditta Lisieur commercializzava aceto e olio nella plastica. Vittel chiamò Nestlè proprio per rimodernare gli impianti. Adesso Nestlè controlla quasi per intero Vittel, Contrex e Heparine che sono le marche della zona. L’area dalla quale viene estratta l’acqua è situata in quella denominata Grande Triassico Inferiore che va dalla Germania fino alla Cornovaglia passando per il bacino parigino. A seconda della profondità, vengono pompate acque con nomi diversi. Dalla falda più profonda si pompa quella per gli usi agricoli e industriali. Considerando che vengono estratti tre milioni di metri cubi all’anno e che soltanto due milioni di metri cubi vengono ricostituiti attraverso le piogge, si sta andando verso un deficit dovuto a un prelievo eccessivo. Per equilibrare le esigenze delle popolazioni e conciliare il lavoro e lo sviluppo, è stato creato presso la Prefettura, il CLE (Commissione Locale per l’Acqua), di cui fanno parte, in varia misura, esponenti delle amministrazioni, delle associazioni ecologiste (Bernard Schmitt in quanto membro di Oiseaux et Nature ne è membro), dei consumatori e delle imprese del settore.
Qui sono sorti i problemi. Le ultime estati sono state siccitose, i torrenti, normalmente copiosi, delle colline e delle vallate dei Vosgi si sono ridotti a rigagnoli. Vedere a Vittel, capitale dell’acqua, sopra la storica fontanella pubblica nell’elegante centro città il cartello con la scritta «massimo sei bottiglie pro capite» è il segnale della situazione critica che si va creando. Per risolvere la situazione e fare in modo che a Vittel non si lamenti la siccità, la CLE, a maggioranza, aveva pensato di ricorrere alla “sostituzione”. Si progettava di costruire un acquedotto di 15 km per fare arrivare l’acqua da paesi vicini. Il CollectifEau88 si è messo di traverso. Il contadino Jean Marie Chevrier ha obiettato: «Quando non si ha più grano non si va mica a falciare nel campo del vicino» e ha inventato delle grandi installazioni con balle di paglia ‒ che si vedono benissimo dalla D165, la strada dipartimentale che percorrono a migliaia ogni giorno gli abitanti dei Vosgi ‒ con le scritte: «La porta del deserto», «Acqua: priorità agli abitanti». Il collettivo è andato a dare man forte. Adesivi, spillette blu con questo logo si vedono dappertutto, la mobilitazione è cresciuta. Finalmente 25 sindaci e 100 comuni del dipartimento hanno deliberato contro la costruzione della pipeline dell’acqua. Non è stata una vittoria facile. Se una volta a Vittel i posti di lavoro legati all’industria dell’acqua erano 4500, adesso sono pur sempre 900 e qui, come altrove, fare coincidere l’interesse generale con quello particolare è arduo. Nestlè imbottiglia ed esporta un miliardo e mezzo di bottiglie all’anno, difende il suo capitale come ogni multinazionale del suo calibro.
E veniamo alla questione delle terre. Proprio per proteggere questo capitale da far fruttare, il portavoce di Nestlè, Peter Brabeck, nel documentario We feed the planet del 2005, dichiarava apertamente che «l’acqua è una derrata alimentare e come ogni derrata alimentare ha un valore commerciale». Nestlè ha acquistato 10.000 ettari ossia il 70% della terra coltivabile nella zona nei quali pompa le sue acque minerali. Attraverso la sua azienda creata allo scopo, Agrivair, impone modalità di coltivazione che nel sito ufficiale della Vittel vengono considerate all’avanguardia. Non è così. Intanto i contadini e allevatori locali sono impediti dall’acquistare terre per allargarsi: è il caso di Didier Thouvenin, il sogno di una vita di acquisire pascoli per il proprio bestiame è frustrato. Non solo: secondo chi in quelle terre è andato a lavorare la situazione non è proprio da idillio in stile spot pubblicitario. Non si possono scavare pozzi e per abbeverare le proprie pecore i coniugi Ghislaine devono farsi arrivare le autobotti da fuori.
«La guerra dell’acqua è già cominciata, in qualche modo, da qualche parte» canta il nostro Ivano Fossati, e a Vittel il CollectifEau88 la combatte collegandosi strettamente con tutte le realtà che nel mondo hanno avuto a che fare con Nestlè, dal Brasile (São Lourenço, Stato del Minas Gerais) dove è stata costretta, portata in tribunale fin nella stessa Svizzera, a gettare la spugna, al Canada del Wellington Water Resource, alla Germania, dove alla Nestlè è stato assegnato il premio, ironico, “Avvoltoio d’oro 2019” e dove è sorto, a Luneburgo, un comitato di cittadini che si è chiamato non a caso “Keine Vittel2” (pur essendo in questo caso Coca Cola ad essere coinvolta). La guerra dell’acqua è davvero cominciata, speriamo che la presa di coscienza collettiva testimoniata anche dalla storica vittoria del nostro referendum, aumenti e i beni comuni, acqua, terra, sementi, restino beni comuni, patrimonio dell’umanità.