Dopo ciò che è accaduto nei giorni scorsi a Venezia (https://volerelaluna.it/commenti/2019/11/14/venezia-muore-annegata-ma-non-per-il-maltempo/ e https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2019/11/18/venezia-basta-passerelle-elettorali-e-tempo-di-agire/), una possibile agenda di un governo che si rispetti potrebbe essere la seguente:
1) invitare Greta Tumberg a visitare la città con la richiesta di lanciare un appello urbi et orbi affinché i potenti della Terra fermino le emissioni di gas climalteranti: Venezia come simbolo della conversione ecologica planetaria;
2) approvare un nuovo, esemplare Piano nazionale con l’obiettivo di azzerare le emissioni di gas a effetto serra (GES) in linea con gli impegni dell’accordo di Parigi sul clima;
3) inserire, tramite un articolo nella legge di bilancio, la Laguna di Venezia tra i Parchi naturali di interesse nazionale (legge n. 394/1991);
4) incaricare un gruppo di esperti internazionali di ingegneria idraulica che constatino le malformazioni congenite vitali del feto-Mose, così da evitare inutili e costosi accanimenti terapeutici; conseguentemente, sciogliere il Consorzio di imprese (fantasma, dopo gli interventi della magistratura) Venezia Nuova;
5) realizzare subito delle opere provvisionali urgenti alle quattro bocche di porto con sbarramenti removibili di immediata istallazione (navi autoaffondanti da posizionare in caso di acque alte eccezionali);
6) vietare immediatamente la escavazione e il dragaggio di qualsiasi canale interno alla laguna fino a che non sarà certificata la fine del processo di erosione dei sedimenti lagunari;
7) approvare e finanziare un piano di ripristino morfologico della laguna con il rialzo dei fondali delle bocche di porto a una quota non superiore ai quattro metri al Lido e a Chioggia e agli otto a Malamocco;
8) riaprire ai flussi di marea le casse di colmata, le valli da pesca e rimuovere ogni sbarramento (compresa la diga foranea del Cavallino) che impedisce il ripascimento (cioè il ricarico naturale di sabbia) delle barene e dei bassi fondali lagunari, con l’obiettivo di dimezzare la capacità di invaso delle acque in Laguna;
9) potenziare l’Autorità di bacino idrografico di Venezia (ex Magistrato alle acque) e ogni altro ente pubblico di ricerca e di controllo autonomo e indipendente (CNR, Ispra, ANPA, Università);
10) affidare a una commissione internazionale di esperti multidisciplinare l’elaborazione di un piano organico di difesa della Laguna e dei centri abitati lagunari nello scenario peggiore previsto dal Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico di eustatismo (aumento del livello medio del mare) e climatico (aumento dei fenomeni meteorologici estremi). Per ovvie ragioni di credibilità, a guidare tale comitato dovranno essere posti quei tecnici che prima degli altri hanno saputo vedere i difetti del Mose. Pensiamo a Luigi D’Alpaos, ingegnere e docente di idraulica nell’università di Padova, alla professoressa Andreina Zitelli, già componente della commissione di Valutazione di impatto ambientale, a Maria Rosa Vittadini dell’istituto universitario di architettura di Venezia e a quei pochi altri che in questi lunghi decenni hanno saputo mantenersi estranei dalla piovra del Consorzio Venezia Nuova (cioè del soggetto attuatore del Mose).
Infine, il Capo dello stato dovrebbe chiedere scusa ai cittadini e alle cittadine di Venezia (come ha recentemente saputo fare con i superstiti del Vajont) per le gravi responsabilità che si sono assunti i governi italiani che si sono succeduti dal 1982 ad oggi (Craxi, Berlusconi, Prodi etc.) e che hanno approvato, inaugurato, festeggiato reiteratamente un progetto sbagliato, con procedure criminogene (Concessione unica De Michelis/Zanda, Legge Obiettivo Lunardi/Berlusconi).
Il testo è già stato pubblicato su Comune-info
L’autore:
Paolo Cacciari, nato a Venezia nel 1949, è giornalista e politico. È stato consigliere comunale del Partito comunista italiano e in seguito deputato per il partito di Rifondazione comunista. Da anni è impegnato sul versante della difesa dell’ambiente e per diffondere i principi e le pratiche della decrescita.